Mi chiamo A., ho 56 anni. Sono russo e da circa due anni vivo in un piccolo paese in provincia di …. Sono nato e cresciuto in una piccola città vicino a Mosca, a quindici chilometri dal Cremlino. Mia moglie è ucraina e viene dalla Volinia. Mi sono diplomato in una scuola militare ucraina nel 1990, nell’ultimo anno di vita dell’Unione sovietica. Queste sono alcune mie riflessioni sulla vita che si trovano a condurre ucraini e russi nello stesso spazio di destino.
Sono di etnia russa, ma per volere del destino tutta la mia vita è stata strettamente legata all’Ucraina. Ho studiato lì e mia moglie è ucraina, con idee patriottiche e nazionaliste sull’ucrainismo. Mia madre proviene da una famiglia di cosacchi del Kuban’. I suoi antenati avevano vissuto nel Kuban’ per più di due secoli e persero tutto con la “decosacchizzazione” voluta da Stalin. Mia madre è ancora viva e dai suoi racconti ho imparato come vivevano i cosacchi, con la loro lingua mista russo-ucraina e la predominanza della cultura ucraina. Ancora oggi si possono ascoltare i canti del coro cosacco del Kuban’ in ucraino. Quando studiavo, il nostro gruppo alla scuola militare era composto da varie quote nazionali: russi e ucraini erano in numero identico. Per quanto in quel nostro gruppo non vi fossero particolari problemi di relazione, già allora percepivo come le nostre famiglie avessero una diversa rappresentazione del proprio passato. I destini delle generazioni precedenti erano stati differenti: alcuni, come nel caso della mia famiglia, erano sopravvissuti alla fame e alla carestia; altri erano stati espropriati di tutto.
Prendendo come esempio la mia vita e il mio destino, vorrei raccontarvi la trasformazione post-sovietica del mio punto di vista. Provengo da una famiglia dell’intelligencija sovietica, i cui antenati furono imprigionati nei campi e morirono durante la guerra civile o la Seconda guerra mondiale. Mia nonna si laureò all’Università di Medicina di Kazan’ negli anni Venti e fu uno dei primi medici sovietici. Anche mio nonno si laureò all’università e fu uno dei primi ingegneri meccanici. Basti pensare che quando arrivò il primo camion sovietico, mio nonno era l’unico ad avere la licenza nella zona e nella scuola tecnica dove insegnava all’inizio degli anni Trenta. Mia madre è architetto e anche mio padre è un bravo ingegnere nel campo dell’ingegneria energetica.
Per me l’inizio della guerra contro l’Ucraina nel 2022 è stato una tragedia personale. Lavoravo per una grande azienda di telecomunicazioni in Russia e guadagnavo bene. A quel tempo mia moglie viveva a Kiev e io sono stato lì per l’ultima volta una settimana prima dell’inizio della guerra. Stavamo costruendo una casa non lontano da Bucha, e il mio progetto era di lavorare ancora un po’ per poi trasferirmi definitivamente in Ucraina. Il 24 febbraio 2022 mia moglie ha lasciato Kiev in macchina con le figlie e si è diretta verso il piccolo paese dove viviamo oggi ci viveva da anni sua zia, sposata con un italiano e ci eravamo già stati come turisti. Ho iniziato a pensare a cosa fare. I fratelli di mia moglie erano al fronte e, dopo l’inizio della mobilitazione, anch’io, in quanto ex ufficiale, avrei potuto essere mobilitato. Ho ottenuto un visto turistico in anticipo e sono riuscito a raggiungere l’Italia passando per l’Armenia. Dopo aver avuto a che fare con la burocrazia italiana, non riesco ancora a capire perché le sanzioni non vengano applicate agli amici di Putin e alle famiglie legate a lui che vivono felicemente in Italia ma a me, che non solo sono contro la guerra ma ho sostenuto l’Ucraina con tutte le mie forze e per tutta la vita.
Prima della guerra per quindici anni il mio lavoro è stato legato a viaggi in giro per la Russia, da Kaliningrad alla Kamchatka. In molte città della Russia ho trovato luoghi legati all’Ucraina e a personalità straordinarie della storia e della cultura ucraine. Inoltre leggo molto in ucraino. La storia mi ha sempre interessato. Un giorno mi recai in un cimitero vicino a Vladimir dove era sepolto Vasily Shulgin, nazionalista monarchico che nel secondo dopoguerra rinunciò ad opporsi all’Urss e dopo la prigionia visse una lunga vita a Vladimir sotto la supervisione del KGB. E una settimana dopo, nel centro di Kiev, vedo un cartello su una casa. Qui ha lavorato Alexander Shulgin, il primo ministro degli Esteri della Repubblica Popolare Ucraina. Poi ho letto i due Shulgin erano cugini. Il destino dei loro padri fu diverso e crebbero in spazi culturali diversi. Uno fu un nazionalista russo, l’altro ucraino. Poi ho letto che negli anni Trenta Vasilij Shulgin visse in Jugoslavia con i proventi della sua tenuta vicino a Rivne. Ma c’erano dei polacchi che, per usare un eufemismo, a lui non piacevano.[1] E anche i polacchi. Ma i diritti della proprietà privata sono sacri, e questa è già la differenza principale tra la Russia e l’Occidente. Quando ero a Kazan’, passeggiando in centro vicino al Cremlino, su un edificio ho visto una targa: qui visse Mikhail Grushevsky durante il suo esilio. Non so se adesso quella targa sia ancora lì.
In Russia è ormai vietato tutto ciò che è ucraino. Quando ho preso parte alle proteste contro la guerra nei primi mesi dopo l’inizio del conflitto ho attaccato volantini sui pali, ho fatto campagna elettorale al lavoro e sono stato portato alla polizia perché indossavo un maglione blu e una giacca gialla… A Orenburg, città strettamente legata al destino di Shevchenko, c’era un meraviglioso museo a lui dedicato. Non so se nel frattempo è stato chiuso. Nella regione di Orenburg vive una numerosa comunità di ucraini e persino il presidente Kuchma è venuto lì insieme a Viktor Chernomyrdin alla Casa dell’amicizia ucraina.
Quando avevo circa 10 anni, una volta guardai in tv la partita di hockey tra la squadra dell’URSS e quella canadese. Ero un ragazzino attento e cominciai a notare gli strani cognomi di alcuni giocatori della squadra canadese. Tkachuk, per esempio. Ho pensato. “Che strano, sembrano nomi del nostro paese”. Solo più tardi ho letto il libro “Seven Rivers of Canada” di Hugh MacLennan e ho scoperto che nella provincia del Saskatchewan vive un’enorme comunità di ucraini. Poi mi sono chiesto: come sono finiti lì?
Avevamo un paese così bello, l’URSS. L’ultima Unione Sovietica non era un cattivo paese. Con doppi standard, ma non così ingannevole e senza scrupoli come la Russia di Putin. Non capisco come Berlusconi possa essere stato amico di quest’uomo. O meglio, ho capito, ho letto il suo libro, se non ci sono principi o principi senza principi, puoi fare tutto come sta facendo ora Trump. L’URSS forniva un’istruzione molto buona e costringeva le persone a pensare. Ho capito cosa significasse studiare quando ho frequentato la scuola per stranieri e adulti qui in Italia. Pensavo che gli insegnanti in Italia fossero migliori. Capisco che sono diversi ed eccellenti, ma i nostri erano molto meglio. A scuola, nell’Unione Sovietica durante l’era di Brežnev, si poteva rimanere liberi. Tutto dipendeva da te. Non era permesso portare i capelli lunghi a scuola. Io ne avevo di lunghi. Ti dicono di tagliarti i capelli, tu dici di sì e non lo fai. Ti dicono che non lo fai. Dopo un po’ cominciano a minacciarti di espellerti da scuola, poi ti lasciano in pace. Dopotutto, non puoi espellerli dalla scuola. E nessuno vuole uno scandalo. Le opere di Solženicyn e Nabokov potevano essere lette durante le lezioni autogestite al liceo. Avevo un bravo insegnante di letteratura. Si è avvicinato a me e mi ha detto: “Stai attento. Ma mi raccomando, leggi questi autori”. Dopo il terrore degli anni Trenta, fare la spia e scrivere denunce sugli altri era una brutta cosa. La gente condannava tutto questo e aveva paura di scrivere, per paura di essere condannata. Potresti venire da me e chiedermi se hai scritto tu la denuncia? E poi questa persona è diventata un’emarginata nella tua classe o nel tuo gruppo. Ascoltavamo musica occidentale liberamente, copiavamo cassette e ascoltavamo Deep Purple, Pink Floyd e musica metal rock. Non potevi andare in discoteca in jeans. Ma se ci disegnavi sopra delle frecce con un pettine di ferro, potevi entrare. Perché non erano più jeans ma pantaloni!
La cultura americana non era rappresentata nell’URSS. Ecco perché sono cresciuto con i film e le canzoni italiane. Forse non leggevamo volentieri Lenin ed Engels, ma tutti conoscevano Adriano Celentano, Marcello Mastroianni e Sophia Loren. Ecco perché fin da bambino ho avuto un grande amore per i film italiani, le canzoni e il popolo italiano.
Mia nonna mi ha raccontato che quando era bambina, nella regione del Volga, … fu salvata dalla morte dagli americani durante la carestia del 1921-1922. Anche prima dell’Holodomor. L’American Relief Organization (ARA) aprì mense per i bambini della regione del Volga e li ha nutriti per diversi anni. Si poteva andare alla mensa una volta al giorno e mangiare. Penso solo che se non ci fosse stato l’aiuto americano non sarei nato. Una volta … sono andato al museo di Marina Cvetaeva, nella casa in cui si suicidò. Poi sono andato al cimitero, dove non c’era nessuna tomba della Cvetaeva. E fu così amaro. Pasternak le disse prima dell’evacuazione a Yelabuga, legando la sua valigia con una corda: “Marina, non impiccarti”. Si è impiccata. Prima di allora ho visitato il suo museo a Bolshevo, vicino a Mosca, dove visse dopo il suo ritorno dall’emigrazione. Ma perché è tornata?
I sentimenti che mi legano alla Russia e all’Ucraina sono la vastità degli spazi e il desiderio. Di recente ho pensato che per i russi e per Putin sono un traditore, ma per l’Ucraina sono un nemico perché ho un passaporto russo. Sento la mia responsabilità personale per questa guerra e per le sofferenze dei miei amici e dei miei cari. Anche per quanto riguarda l’Italia, non ho ben chiaro chi sono e cosa ci faccio qui. A volte rimango scioccato quando parlo con italiani, persino persone istruite, che mi dicono che Putin ha ragione. Sono particolarmente numerosi non solo tra i populisti di destra, ma anche tra gli intellettuali di sinistra. Non dico loro niente perché non parlo abbastanza bene l’italiano per rispondere. Ma penso: “Probabilmente non hai letto Dostoevskij, ma stai parlando dei russi”. Personalmente penso che Hitler non sia la Germania e che Putin non sia la Russia. È particolarmente difficile non avere nessuno con cui parlare. Soprattutto in una piccola città. “Come stai e cosa hai mangiato?” In linea di principio capisco che è così che dovrebbe essere, ma mi assale un senso di solitudine e malinconia. Credo che l’intelligenza, l’empatia e l’amore possano sempre comprendere la verità, stare dalla parte giusta e comprendere i processi storici.
[1] Su Vasilij Šulgin, che fu anche un noto antisemita, vedi ora Yuri Shapoval in Il nazionalismo russa. Spazio postsovietico e guerra in Ucraina, Roma: Viella, 2023 e https://www.illiberalism.org/vasily-shulgin-the-grandfather-of-russian-nationalism/.