L’annuncio (il 22 ottobre) della chiusura della “Sezione correnti contemporanee” della prestigiosa Galleria Tret’jakov di Mosca ha rapidamente provocato reazioni e proteste da parte di numerosi importanti esponenti della comunità artistica russa, persuasi (a partire dallo storico dell’arte Andrej Erofeev, che fu Direttore della “Sezione” a partire dalla sua fondazione nel 2001 e fino al 2008) che il progetto sia pregiudizievole per la diffusione della conoscenza e per un corretto apprezzamento dell’arte moderna russa. La Direzione della Tret’jakov, verosimilmente sorpresa da una reazione non preventivata in questi termini, ha da parte sua argomentato che le sarebbero estranee finalità “persecutorie” di sorta e che la raccolta in questione verrà integrata nella collezione dedicata all’arte della seconda metà del XX e del XXI secolo. Si tratterrebbe, dunque, di una decisione che risponde a una semplice riorganizzazione interna dei criteri espositivi della Galleria, che sarebbe stata da tempo pianificata e che non precluderebbe lo studio e la promozione delle forme artistiche proprie della contemporaneità. La condivisibile preoccupazione di chi ha contestato il provvedimento è che possa ripetersi, di fatto, quanto avvenuto presso la Tret’jakov negli anni Trenta del Novecento: nel 1936, infatti, venne decisa la soppressione - in ragione dell’accusa di “formalismo” - del Fondo dedicato alle correnti dell’avanguardia artistica russa dei primi due decenni del secolo. Una raccolta, com’è perfettamente evidente, divenuta oggi una delle gemme espositive della Tret’jakov stessa. La “Sezione correnti contemporanee” indubbiamente si è sempre distinta tra le collezioni della Pinacoteca, innanzitutto per la prevalenza non già di quadri, quanto di video, fotografie, oggetti e installazioni di tipo vario (si conta qualche migliaio di pezzi tra quelli ufficialmente accolti nella Galleria e quelli che sono nei depositi in attesa di definitiva acquisizione). Appare possibile che nell’ambito del Ministero della Cultura, dal quale la Galleria Tret’jakov dipende, abbiano prevalso sensibilità estranee - se non ostili - all’arte contemporanea, percepita come sganciata da quei “valori nazionali russi” che informano ormai ampiamente gli atti e le decisioni dell’establishment di vertice nell’epoca della cosiddetta ”operazione militare speciale”.